Si è conclusa il 9 aprile l’undicesima edizione del Festival Internazionale del Giornalismo, la più importante manifestazione, ormai di fama globale, sui temi del giornalismo, delle nuove tendenze comunicative e tutte le problematiche connesse alla professione.
287 gli eventi, tutti a ingresso libero e in diretta streaming, dei quali 87 in traduzione simultanea – tra incontri-dibattito, talk, interviste, serate teatrali, premiazioni, presentazioni di libri, workshop, case history, nuove realtà e tendenze editoriali – in 15 luoghi del centro storico di Perugia. Più di 2000 i giornalisti accreditati, circa 170mila le visite al sito internet. Un’edizione straordinaria, intensa e partecipata.
Il Festival ha trasformato anche quest’anno l’Italia in una grande piazza di discussione e di incontro tra i cittadini e i giornalisti provenienti da tutto il mondo, sui temi di informazione e attualità. “Mai come quest’anno l’età media del pubblico è stata così bassa” ha dichiarato Arianna Ciccone, insieme a Chris Potter organizzatrice di questa “grande macchina”. Tanti i giovani e i giovanissimi, volontari, ospiti e partecipanti, provenienti da ogni parte del mondo. Grandissimo fermento anche sui social dell’evento, che sono, si sa, lo strumento privilegiato dai millennials. Circa 11mila utenti unici hanno twittato con l’hashtag ufficiale del Festival #ijf17, entrato tra i trending topic per tutti i cinque giorni dell’evento in Italia, e nel corso del Festival entrato nelle tendenze Twitter in UK, USA, Svizzera, Australia, Austria.
Dimostrazione questa di quanto le tematiche affrontate siano di interesse globale e di quanto, soprattutto, la professione giornalistica continui a esercitare una forte attrazione, quasi ipnotica, sulle nuove generazioni. Sarà per l’idea romantica di poter cambiare il mondo o soltanto per la curiosità verso quanto accade attorno che tantissimi sono ancora oggi, nonostante l’ambiente non poco ostile e impervio, i giovani che rincorrono il sogno di diventare giornalisti in Italia. E forse qualcuno ancora ci riesce.
Tanti gli speaker di giovane età tra i protagonisti di questo evento a portare testimonianza di quanto sia difficile fare il giornalista oggi nel nostro paese. Difficile sì, ma non impossibile. Tantissimi, dall’altra parte della barricata, i giovanissimi ad ascoltare, a prendere parte ai dibattiti, a intervenire facendo sentire la propria voce. Esempio significativo è stato l’evento di domenica 9 aprile delle 20:30 che ha visto protagonista Enrico Mentana, in una maratona di due ore concentrate, fitte di domande e commenti, in una sala gremita di ragazzi aspiranti comunicatori, che hanno avuto modo di confrontarsi direttamente con una delle penne più autorevoli del panorama giornalistico italiano.
Dunque, in quale misura il Festival può contribuire e quale sia la situazione attuale per un giovane che ambisce ad intraprendere la carriera giornalistica abbiamo deciso di chiederlo proprio ai ragazzi, volontari (più di cento) e partecipanti presenti all’evento.
“Se fino all’anno scorso essere al Festival era importante, adesso è diventato indispensabile” ha commentato Greg Barber direttore progetti per le notizie digitali al Washington Post.
Quanto è importante il Festival per un giovane che vuole diventare giornalista?
“A livello professionale (nel senso di opportunità lavorative) è capitato che qualcuno grazie al Festival riuscisse a entrare in contatto con personalità che poi gli hanno consentito di dare una svolta alla sua carriera giornalistica o comunque come comunicatore. Secondo me però questo aspetto è legato non tanto alla partecipazione al Festival quanto alla capacità del singolo di sfruttare questa enorme opportunità, la propria intraprendenza insomma” – ci dice Valentina, volontaria.
“A livello umano e di competenze tecniche è una grande esperienza perché in una settimana fai veramente il concentrato di esperienze e ospiti autorevoli. Hai l’opportunità di intervistare personaggi che nemmeno da professionista hai, forse, la possibilità di approcciare in questo modo. Si respira l’aria, frenetica ma entusiasmante, che c’è in una redazione giornalistica vera” – commenta Gioia, volontaria.
“E’ il terzo anno consecutivo che partecipo al Festival e quello che ho sempre riscontrato è la capacità di questa manifestazione di farti capire se vuoi davvero fare questo lavoro. E’ questo a mio parere uno dei pregi più grandi del Festival. Metterti in contatto con delle personalità o tematiche importanti, aiutandoti a capire se è la strada che fa per te. Sebbene già mi dilettassi in radio, due anni fa al festival capì che volevo tentare di intraprendere questa strada” – Giorgio, aspirante giornalista.
“Si ha modo di entrare in contatto con professionalità diverse e fare un training concentrato molto efficace. Entri in contatto con ragazzi che hanno le tue stesse passioni e quindi si creano, spesso, contatti tra pari. Se hai un progetto, un’idea sai di poter contare su una rete di contatti che puoi in tal senso “sfruttare” per svilupparli. Sai di poterti confrontare con tanti. Siamo metà stranieri, anche fuori dall’Europa, e metà italiani. Quindi si crea veramente un melting pot molto interessante”– Bianca, volontaria.
E’ ancora possibile per un giovane, non raccomandato, diventare giornalista in Italia?
“Oggi è difficilissimo seguire questa strada, in Italia. Tant’è che io non so più nemmeno se voglio fare la giornalista. E’ il secondo anno che faccio la volontaria al festival ma attualmente non sto scrivendo. Mi piace tanto la comunicazione ma non sono sicura di voler investire una carriera nel giornalismo” – Ludovica, volontaria.
“Conosco tanti italiani, anche tra noi volontari, che fanno scuole di giornalismo, ma non qui. Londra, Edimburgo, Belgio, Germania. Quindi passa l’idea che anche per formarti devi uscire fuori dall’Italia. Qui è un investimento quasi necessario, che sembra una delle poche via di accesso alla professione, se non hai pregressi giornalistici all’interno della tua famiglia, però non è assolutamente più una garanzia in termini di assunzione” – Lucia, volontaria.
“Io sono con Radio Eco, radio dell’università di Pisa. Le porte adesso per noi giovani sono quasi completamente chiuse, per tanti motivi. Innanzitutto perché la carta stampata è in crisi totale e poi perché Internet, nonostante i grandi vantaggi apportati, ha spalancato le porte a una concorrenza spietata. Blog, siti personali e via dicendo. Bisogna provarci. Confrontandomi con giornalisti che ho avuto la fortuna di conoscere qui, ho capito che è giusto provarci! Una delle possibili strade indicatomi rispetto alla situazione odierna è il freelance, che offre sicuramente più opportunità” – Giacomo, aspirante giornalista.
Quella che passa è la consapevolezza dei giovani rispetto alle difficoltà connesse alla professione giornalistica nel nostro paese, soprattutto in termini di assunzioni. C’è, dunque, chi rinuncia, chi tenta la strada del freelance, chi decide di spostarsi all’estero. Tutti, però, hanno negli occhi la luce di chi ancora, con determinazione, ci prova; prova a inseguire il sogno di chi come Andrea Rocchelli, il fotoreporter italiano ucciso in un agguato mentre documentava il conflitto russo-ucraino, voleva andare a fondo, scavare e portare alla luce ciò di cui nessuno parla.
“Voglio diventare giornalista perché non mi immaginerei a fare altro. Voglio essere un valido strumento per migliorare ciò che non va. Per scovare storie inedite, dimenticate, non raccontate. Per dare voce a vicende e grandi persone come Andrea Rocchelli, ucciso e rimasto sconosciuto ai più, giornalisti compresi. So che è difficile ma è il sogno di una vita” – Chiara, aspirante giornalista.
E forse il Festival può offrire a moltissimi anche solo quella spinta e quella tenacia che serve a dire: “Devo provarci!”; la consapevolezza che fare il giornalista, nonostante le mille difficoltà, resti uno dei mestieri più belli al mondo, in virtù della sua utilità collettiva. Non resta, dunque, che attendere l’edizione 2018 del Festival, che si svolgerà, come di consueto, a Perugia dall’11 al 15 aprile. E sperare che i giovani italiani continuino a credere e a produrre a loro modo, con gli strumenti loro disponibili, del buon giornalismo, quello vero, di qualità.