Che la moda viva profondamente ancorata alla comunicazione in generale, tradizionale o tecnologia che sia, è un fatto assodato. Come può, infatti, sopravvivere una realtà che da sempre è radicata nel contesto sociale regnante senza poter dialogare con quella società a cui è dedicata? E’ ovvio che, come le tendenze, la fashion comunication ha dovuto evolversi di pari passo alle necessità e ai desideri (soprattutto) dell’essere umano, inserendo nel suo portfolio nuove tecnologie e attente strategie per attrarre e tenere alta l’attenzione del proprio pubblico. Ma partiamo con ordine, in quanto nella storia della moda si parla di comunicazione già nei primi decenni del Novecento attraverso le illustrazioni di grandi artisti che hanno saputo fissarne i primi capi saldi sulle pagine delle neonate riviste di moda.
Segue poi l’avvento della fotografia, che ruba sempre più spazio al disegno stampato o manuale sino a diventare un vero e proprio stile fotografico denominato fotografia di moda. Di pari passo si muovono le riviste in un continuo crescendo di fama, autorità e potere economico, ma questa è tutta un’altra storia. Eppure tutto ciò con i fashion social media c’entra eccome, in quanto si tratta di veri e propri figli della comunicazione tradizionale, poiché continuano a svolgere un servizio di informazione, estetico, di intrattenimento e di fascinazione dello spettatore. E’ naturale che cambiando i mezzi utilizzati anche il pubblico sia differente e che la social media strategy non escluda attività offline o viceversa. Fa tutto parte di quella che è ormai nota, in tutti campi e non solo nella moda, come comunicazione integrata e multi-canale, ma che nel settore del lusso trova una lettura unicamente creativa e commerciale. Tutti noi al giorno d’oggi sappiamo perfettamente quali siano le piattaforme social e le loro caratteristiche, ma quali sono le loro finalità sfruttate da un brand di moda?
Partiamo dal presupposto che in ogni caso si tratta di una comunicazione bidirezionale, che lascia potere al consumatore e gli permette di immergersi nel mondo dei propri brand preferiti in maniera libera, esaustiva, divertente e d’interazione. L’utente può apprendere un’informazione su Facebook, guarda un backstage su Instagram, essere mandato direttamente sull’e-commerce da un pin di Pinterest, guardare una diretta su Snapchat. Può tutto quello che vuole, perfino screditare pubblicamente un marchio di fama mondiale, ma si parla comunque di una lama a doppio taglio, perché se tu non raggiungi il brand è il brand che raggiunge te. Spesso utilizziamo i social network come una valvola di sfogo, di condivisione e di specchietto sulla nostra realtà privata, ma più pagine del lusso seguiamo più i loro post vanno a rubare spazio ai nostri “amici” grazie alla grande quantità di reazioni raccolte, creando una saturazione da parte di noi spettatori. Eppure così facendo il pubblico diventa sempre più difficile da sedurre e fidelizzare, sopratutto per via della grande offerta presente oggi nel mercato moda, trasformando la qualità e la diversità nel binomio vincente. Chanel e Gucci ne sono due esempi diametralmente opposti, utilizzando il primo il content marketing mentre il secondo l’inedita creatività del nuovo direttore creativo Alessandro Michele.
La maison francese si concentra, infatti, su una storia di più di cento anni e sulla rivoluzione messa in atto dalla fondatrice Coco Chanel, facendo dello storytelling il punto di partenza e i titoli di coda. Aggiungiamo poi un creative director del calibro di Karl Lagerfeld, sogni ad occhi aperti come il connubio tra la fragranza Chanel N°5 e Marylin Monroe, sfilate spettacolari e il savoir-faire che solo una grande casa di moda può vantare e il marketing è condito con un profumo inebriante.
Gucci è di un altra scuola, brand comunque di una tradizione non indifferente, ma arrivato in cima alle classiche social e non, grazie all’inaspettata e applaudita rilettura del neofita (come direttore creativo, ndr) Alessandro Michele. Il marchio fiorentino punta la propria strategia online su un pubblico estremamente appassionato di moda e di arte, utilizzando sempre nuove collaborazioni con artisti e inventando campagna ad hoc e virali anche solo per la comunicazione online. Insomma l’importante è esserci con consapevolezza.
Ma c’è un’altra realtà da prendere in analisi quando si parla di social associati alla moda, ossia i/le blogger e gli/le influencer. Due facce della stessa medaglia, che hanno fatto del web il proprio personalissimo regno dove poter dare spazio alla loro visione della moda, dello stile e del lifestyle in genere. Tra questi esistono due esempi di successo, che hanno letteralmente cambiato il modo di vedere lo streetstyle (vedi The Sartorialist) o personaggi che hanno potuto da una piccola pagina diventare un’autorità in materia e nel settore del fashion (Chiara Ferragni e il suo The Blonde Salad).
Il web diventa, così, anche per la moda, uno dei campi notoriamente più elitari e gerarchici, una strada per poter ritagliarsi uno spazio e perfino boicottare la comunicazione controllata dai giornali o dai marchi stessi. Ogni evento e collezione diventa accessibile a tutti e da vivere in diretta sui loro account, tecniche assorbite sempre più dalle maison e dai magazine sui loro canali digitali. Sorge però un dilemma: come riuscire a fare fatturato se le collezioni sfilano una stagione prima di essere presenti nei negozi, se il consumatore ideale sta già mettendo like alla sfilata della stagione successiva?
Alcuni brand hanno saputo risolverlo, lanciando il see now and buy now (vedi ora e compri ora) con i pezzi della collezione appena visionata pronti per l’acquisto. Primo tra tutti Burberry capitanato da Christopher Bailey, seguito da altri con la possibilità di acquistare solo alcune creazioni speciali o solo gli accessori.
Comunicazione veloce, a doppio filo, oculata per un utente a volte troppo distratto ma sempre più informato, i social media per la moda costituiscono un trampolino di lancio, aprendo nuove frontiere e chiudendo di obsolete. Grandi cambiamenti richiedono grandi sacrifici e si sa la moda non risparmia nessuno.