Nell’epoca del politically correct, Serafino Iorli e il suo spettacolo “Un bacio senza nome”, da lui scritto insieme a Federica Tuzi con la regia di Luisa Merloni, sfidano gli equilibri del linguaggio contemporaneo in difesa di un tempo che è ormai diventato memoria, chiuso insieme a parole oggi considerate insulti, nella scatola dei ricordi più colorati di sempre. La memoria, è quella di un movimento rivoluzionario, che – con non poca fatica e con il sacrificio di molti -, sarebbe poi divenuto il faro che avrebbe illuminato la conquista ai diritti civili delle persone omotransessuali.
Un movimento che, ascoltando i racconti e guardando le immagini di repertorio conservate dall’attore, è nato proprio tra le righe di storie nascoste, vite clandestine che scorrevano tra gli incontri fugaci di luoghi immortali, con una sfacciata Roma e le sue stagioni a far da sfondo, privata a molti ma in fondo nota a tutti. È proprio da quei “luoghi proibiti” passando per le esperienze nei campeggi – da Capo Rizzuto ad Ortona – o dalle prime feste, tra tutte Muccassassina, fino ai fatti di cronaca come “Il Delitto di Giarre”, che si è fatto strada il “corteo dei diritti” partito dagli anni ’70 e passato attraverso gli spartiacque delle prime associazioni, fino a giungere ai primi grandi eventi simbolo come il Gay Pride del ‘94 o il World Pride del 2000.
Con l’aiuto dell’autrice Tuzi e della regia di Merloni, accompagnato da foto d’epoca e aneddoti che sono ormai storia, Serafino racconta il movimento vissuto dall’interno, come un giovane virgulto ch’è cresciuto insieme ai tanti che, in quegli anni, hanno posto le basi per le conquiste fatte fino ad ora. Lo fa usando anche parole oggi scomode e – a ben vedere – condannate, come fro**o o che**a, che ogni tanto fanno capolino nei ricordi di Iorli, sfidando con naturalezza e reale ingenuità, quell’attenzione che oggi giustamente gli rivolgiamo.
È un mondo lontano quello rammentato dall’attore, fatto di voglia di vivere, di una sana fame di affermazione e di ricerca del proprio posto nel mondo. Un senso volitivo che ha guidato le masse e che oggi, trova difficile comprensione da parte delle nuove generazioni, spesso inconsapevoli di tutto quel passato che ha forgiato con fatica il loro presente.
Dalle tappe simbolo come Monte Caprino e Circo Massimo, passando per Valle Giulia e giù, fino alle succinte e nascoste dune del litorale romano, Serafino ricorda la forza di tanti, pronti a rischiare la vita pur di ritrovarsi insieme, anche solo per scoprirsi simili e un po’ meno soli, in un tempo in cui la presa di coscienza della propria sessualità faceva spesso rima con la solitudine. Assolutamente da vedere!