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“5 consigli di una pedagogista per sopravvivere ai compiti a casa e alle vacanze”

Compiti a casa durante le festività: come gestirli senza stress

Pochi giorni a Natale e i gruppi Whatsapp dei genitori inizieranno a strillare. Le lamentele sui tanti compiti a casa dati dagli insegnanti ai bambini, limitando quello che è il vero obiettivo della vacanza, ossia staccare la spina, non tarderanno nemmeno quest’anno. Che i compiti a casa durante le festività siano tanti, forse troppi, è un tema più che discusso, ma non ancora risolto. Lo dicono anche le indagini internazionali, come per esempio quella della Timms (Trends in International Mathematics and Science Study).

“Serve una giusta misura nel dare i compiti per casa ai bambini, che non sia un sovraccarico e motivo di noia per nessuno”, premette Federica Ciccanti, pedagogista, pedagogista clinico, mediatrice familiare a autrice di ‘Regole facili. Genitori felici (e figli anche)’, edito da Vallardi.

“I compiti dovrebbero avere lo scopo di avvicinare i bambini alla scuola e di mantenere vivo l’interesse verso di essa. Dovrebbero essere il momento privilegiato in cui il bambino, o la bambina, colma la curiosità alimentata già dai contenuti appresi in classe durante le ore di docenza, e sarebbe utile se venissero svolti in piccoli gruppi”, suggerisce la pedagogista che non esclude l’uso dell’intelligenza artificiale per adempiere al dovere. “Il rischio però – avverte – è che non si verifichino le fonti e che venga usata dai più piccoli, presto e male”.

5 consigli per gestire i compiti a casa durante le festività

Ecco dunque 5 consigli per “uscirne vivi”:

  1. Fare un piano di lavoro con un timing di realizzazione del progetto compiti: Diario alla mano, o calendario digitale se lo si preferisce, e si iniziano a contare i giorni che mancano al rientro a scuola, escludendo i sabati e le domeniche oltreché i giorni festivi. Si contano le pagine che si devono studiare, gli esercizi da fare e si inizia una programmazione decidendo in modo condiviso – genitori e figli – di dedicare un numero di ore dove la concentrazione e l’energia saranno dedicate solo ai compiti. Al tempo stimato se ne aggiunge un 20% in più, perché un imprevisto o una difficoltà può sempre capitare. Questo sarà un allenamento per programmare meglio le attività quando i bambini diventeranno adulti.

  2. Avere chiaro a cosa servono i compiti, per non percepirli come un obbligo: I compiti – continua Ciccanti – andrebbero presentati come se fossero dei quiz o degli indovinelli, in modo da non annoiare. Le materie di studio vanno alternate durante i pomeriggi dedicati nel piano di svolgimento e vanno previste anche delle pause dove i bambini possono distrarsi, o giocando o dando una sbirciata veloce alla chat degli amici su Whatsapp. E’ importante idratarsi bevendo acqua, concedersi una chiacchierata su qualcosa che a loro piace.

  3. Trovare momenti di condivisione familiare: Si può andare a vedere una mostra, o a visitare un luogo che parli di quanto i bambini hanno fatto a scuola e di quanto è stato loro assegnato per casa – continua la pedagogista – Oppure si può parlarne a tavola, o nei momenti di relax sul divano, anziché utilizzare smartphone o tenere la tv accesa.

  4. Verificare dati e notizie se si usa l’intelligenza artificiale: L’Ai – suggerisce l’esperta – sarà sempre più presente nella nostra vita, ma bisogna fare attenzione a quanto ne emerge dall’uso, senza mai idealizzarla o al contrario demonizzarla. L’Ai non è la risolutrice dei problemi, è uno strumento educativo, una applicazione che può facilitarci la vita.

  5. Fare una pausa ogni 20-40 minuti, a seconda dell’età: sgranchendosi le gambe o facendo una piccola passeggiata. E’ nelle pause, e durante il sonno, che le informazioni si consolidano nella nostra mente. Senza il giusto tempo di riposo, quindi, i concetti appresi non si sedimentano in modo efficiente. Fare delle pause e avere una buona qualità del riposo, inoltre, aiuta a prevenire la stanchezza e abbassa il cortisolo, l’ormone dello stress. Vivere situazioni di stress prolungate può essere motivo di demotivazione a tal punto da diventare cronica. La motivazione – chiosa la pedagogista – è la linfa vitale di uno studente.

Redazione

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