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Carcere di Rebibbia: detenuto con problemi psichiatrici provoca incendio, agenti intossicati

Un grave incidente si è verificato nel carcere di Rebibbia, dove un detenuto affetto da disturbi psichiatrici ha dato fuoco alla sua cella, causando un’intossicazione acuta a due agenti penitenziari intervenuti per salvarlo. La situazione mette in luce le gravi lacune nel trattamento e nella gestione dei detenuti con problemi mentali nelle carceri italiane, come denuncia il segretario generale del sindacato di polizia penitenziaria, Aldo Di Giacomo.

La denuncia di Di Giacomo: detenuti abbandonati a se stessi

Secondo le dichiarazioni di Aldo Di Giacomo, il detenuto coinvolto nell’incidente è stato successivamente trasferito nel carcere di Viterbo. Tuttavia, Di Giacomo avverte che in questa nuova struttura non vi è alcun servizio di assistenza psichiatrica disponibile. Il sindacalista sottolinea che questo episodio non è un caso isolato, ma rappresenta una tendenza preoccupante all’interno del sistema carcerario italiano.

Di Giacomo ha evidenziato che i detenuti con problematiche psichiatriche vengono frequentemente lasciati senza ricevere le cure necessarie, nonostante l’impegno del personale penitenziario. “Abbiamo fatto ripetute richieste alla direzione del carcere di Roma affinché questi detenuti fossero trasferiti in strutture adeguate, ma l’Amministrazione Penitenziaria ha mostrato una totale indifferenza”, ha affermato.

Il segretario del sindacato ha anche rivelato che il detenuto prosciolto non era idoneo a essere trasferito a Pescara, a causa dell’ostilità dimostrata nei confronti di un medico del penitenziario abruzzese. Questo sottolinea ulteriormente la mancanza di opzioni sicure e idonee per la gestione di detenuti con problematiche mentali.

Un problema sistemico: la salute mentale nel sistema penitenziario

La denuncia di Di Giacomo si inserisce in un contesto più ampio e allarmante: il numero dei detenuti con diagnosi psichiatrica grave continua a crescere. Attualmente, è stimato che il 12% della popolazione carceraria, equivalenti a quasi 6.000 detenuti, presenta problemi di salute mentale, rispetto al 10% dello scorso anno. Questo dato rivela un aspetto critico della gestione penitenziaria italiana, dove le condizioni di vita nelle carceri si stanno deteriorando sempre di più.

Di Giacomo ha esplicitamente chiesto una revisione della chiusura degli ospedali psichiatrici, sostenendo che, sebbene fosse necessario un miglioramento delle strutture, la loro chiusura ha portato a conseguenze devastanti per i detenuti. “Queste persone soffrono enormemente all’interno delle carceri italiane, e non ci sono risorse adeguate come psicologi, psichiatri e mediatori culturali, considerando che circa un terzo dei detenuti proviene da paesi extraeuropei”, ha dichiarato.

Questo scenario evidenzia come le carceri siano diventate un luogo di segregazione per malati mentali e tossicodipendenti, lasciando il personale penitenziario a gestire situazioni che vanno oltre le loro capacità e risorse.

Il grido d’allarme della polizia penitenziaria

In aggiunta a questi problemi, Di Giacomo ha espresso preoccupazione per il trattamento riservato ai detenuti con problemi psichiatrici da parte delle autorità competenti. Ha criticato il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro, per aver dichiarato di non avere intenzione di incontrare detenuti “normali” e ha affermato che il governo dimostra un profondo disinteresse nei confronti di quelli con disturbi mentali.

Questa percezione di indifferenza da parte delle istituzioni ha portato i membri del personale penitentiario a sentirsi isolati e sopraffatti. “Gli agenti sono completamente esausti e non hanno alcuna speranza di miglioramento”, ha affermato Di Giacomo. Questo clima di pressione e frustrazione alimenta l’idea che le carceri italiane siano allo sbando, creando quindi una vera e propria “polveriera”, pronta a esplodere in qualsiasi momento.

Nell’attuale contesto, è chiaro che la discussione sulla salute mentale all’interno delle carceri italiane necessiti di una seria attenzione e intervento. Le istituzioni devono affrontare questo problema con urgenza, per garantire un trattamento dignitoso e umano a tutte le persone, a prescindere dalle loro condizioni.

Luisa Pizzardi

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