Ultimo aggiornamento il 17 Luglio 2024 by Luisa Pizzardi
È stata confermata in appello la condanna a 20 anni di reclusione per Rosa Fabbiano, ridotta rispetto ai 26 anni di primo grado, per l’omicidio della madre 84enne Lucia Cipriano, il cui corpo venne fatto a pezzi. La Corte di Assise d’Appello di Milano ha accolto le attenuanti generiche sulla base delle indagini condotte dai carabinieri e coordinate dal pm Elisa Calanducci.
Le indagini e la dinamica dell’omicidio
Le indagini ipotizzano che Fabbiano abbia ucciso la madre strangolandola, presumibilmente nel tentativo di farla tacere. Successivamente avrebbe smembrato il corpo, nascondendo i resti nella vasca da bagno dell’abitazione dell’anziana a Melzo, nel Milanese, dove sono rimasti per due mesi. L’avvocato della difesa, Roberta Ligotti, contesta l’accusa di omicidio, suggerendo che il corpo potrebbe essere stato smembrato dopo una morte naturale. In aula, Ligotti ha sottolineato che la figlia non accettava la perdita della madre, vivendo un momento di profonda sofferenza.
Il dolore e il senso di colpa di Rosa Fabbiano
Secondo quanto emerso durante il processo, Fabbiano si sentirebbe colpevole poiché si sarebbe presa cura della madre più di chiunque altro. Questo dettaglio è stato evidenziato anche dal procuratore generale Francesca Nanni, il quale ha sottolineato il peso di occuparsi di anziani in condizioni difficili, definendo l’intera situazione come atroce. Fabbiano, rispetto alle sorelle, avrebbe assunto un ruolo chiave nella cura della madre, affrontando momenti di grande solitudine.
Considerazioni finali
Il caso di Rosa Fabbiano e l’omicidio della madre Lucia Cipriano hanno portato alla luce una storia di dolore e responsabilità familiare, evidenziando la complessità delle relazioni intrafamiliari. Le decisioni della Corte di Assise d’Appello di Milano hanno ridotto la pena di Fabbiano, riconoscendo elementi attenuanti nella vicenda. La tragedia che ha colpito questa famiglia rimane un segno indelebile di sofferenza e dramma umano.
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