"Crimine: L'ultima speranza per una società corrotta" - avvisatore.it
Guardando i sei episodi di Non ci Resta che il Crimine, è evidente che la serie si impegna a intrattenere il pubblico senza voler fare riferimenti all’attualità. Durante la presentazione alla stampa, gli attori, in particolare Gianmarco Tognazzi, hanno sottolineato che l’intento della serie è puramente quello di offrire intrattenimento. D’altra parte, il regista, Massimiliano Bruno, ha cercato di evidenziare come lo spirito dei movimenti degli anni ’70 e le loro conquiste siano andate perse nel ventennio successivo, auspicando che ciò non accada di nuovo oggi e in futuro.
La serie si svolge negli anni ’70, immaginando un presente in cui una dittatura di stampo fascista è erede del golpe borghese. Questo parallelismo tra i giovani che ispirano movimenti e cambiamenti e l’oscurantismo mosso dalla paura che li contrasta è fortemente evidente. Tuttavia, tutto viene trattato in modo leggero, senza eccessi psichedelici, con stereotipi che rispecchiano l’immaginario comune degli anni ’70 e una dittatura che si potrebbe immaginare in modo simile a quella fascista. I tre protagonisti, interpretati da Marco Giallini, Gianmarco Tognazzi e Giampaolo Morelli, si inseriscono nel contesto senza problemi, con battute e riferimenti al presente che hanno caratterizzato la trilogia cinematografica.
Dopo l’impegno di “Unwanted Sky”, il regista ha voluto regalare al pubblico un prodotto più popolare e leggero, tradendo un po’ il suo impegno verso la qualità che ha sempre contraddistinto le sue produzioni. “Non ci Resta che il Crimine”, nonostante il titolo poco coerente, si concentra su temi familiari, sull’amore e sulla soddisfazione del cuore, piuttosto che sull’aspetto politico che sembra essere solo una scusa per realizzare la serie e allontanarsi dalle dinamiche dei film precedenti.
La serie si basa sull’accumulo di sketch più o meno riusciti, con una recitazione a tratti stanca dei protagonisti, senza cercare di allontanarsi troppo dalla formula delle commedie all’italiana. Sempre di fretta, sembra sapere già dove vuole arrivare, senza approfondire alcuni potenziali risvolti interessanti. A tratti, ricorda l’operazione fatta con “Vita da Carlo”, con il tentativo goffo di trasformare un certo tipo di cinema in una forma seriale. Forse sarebbe il momento di tentare la strada di una vera commedia, allontanandosi dalle imitazioni dei film.
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