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Daspo 5 anni per insulti razzisti a Lukaku: discriminazione evidente

Cinque anni di Daspo per insulti razzisti a Romelu Lukaku

La Cassazione ha stabilito che gli insulti razzisti e i versi gutturali rivolti al giocatore dell’Inter Romelu Lukaku durante la partita di coppa Italia contro la Juventus costeranno cinque anni di Daspo ai responsabili. La sentenza della Cassazione ha confermato che questi “apprezzamenti” sono da considerarsi discriminazione razziale. Gli insulti sono aumentati dopo che Lukaku ha segnato un rigore. Il ricorrente ha cercato di negare di far parte del gruppo di razzisti, ma ha puntato il dito contro il calciatore belga, accusandolo di aver provocato il pubblico. Il questore ha punito il ricorrente imponendogli l’obbligo di presentarsi per cinque anni nella questura del luogo di residenza, al termine del primo tempo di ogni incontro di calcio della Juventus.

La buona condotta non conta

Il ricorrente ha lamentato la sua buona condotta nella vita e l’impatto che la restrizione avrebbe avuto sul suo lavoro, che è un’attività commerciale con un maggior afflusso di sera durante le partite di calcio. Tuttavia, i giudici hanno ritenuto che le prove presentate, come una busta paga e una visura camerale, non siano sufficienti per valutare l’incidenza della misura in determinati giorni o orari. Inoltre, la pericolosità sociale specifica che incide sull’ordine pubblico durante le manifestazioni sportive non può essere esclusa solo perché si ha una vita di relazione normale al di fuori dei circuiti criminali. Va anche considerato che il ricorrente aveva già subito un Daspo in passato.

La decisione della Cassazione

La Cassazione ha respinto la tesi della difesa secondo cui la motivazione della misura si basava principalmente sul clamore mediatico della vicenda per la diffusione delle immagini. La Corte ha chiarito che sono stati puniti solo gli insulti a sfondo razziale pronunciati da un gruppo di tifosi. Durante quella partita, Lukaku stesso ha pagato un prezzo, poiché la sua esultanza è stata interpretata come una provocazione verso il pubblico, portando a una squalifica del giocatore. L’Inter ha fatto ricorso senza successo, esprimendo il proprio dispiacere nel constatare che la vittima sia stata considerata l’unico colpevole. Il presidente della FIGC, Gabriele Gravina, ha messo fine a questa vicenda paradossale, annullando la squalifica del vincitore della Coppa Italia di quest’anno e sottolineando l’impegno dell’ordinamento sportivo nella lotta al razzismo. Questo episodio sottolinea l’importanza di combattere ogni forma di razzismo nella società e in Europa.

«L’impegno dell’ordinamento sportivo nella lotta ad ogni forma di razzismo»Gabriele Gravina

Redazione

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