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Ghiacciai alpini in crisi: il cambiamento climatico segna un agosto storico senza gelate in Alto Adige

L’inevitabile declino dei ghiacciai alpini è divenuto sempre più evidente nel corso degli anni, ma quanto accaduto nell’agosto 2023 rappresenta un segnale allarmante della gravità della situazione. Nella stazione meteorologica più alta dell’Alto Adige, situata sull’Anticima Cima Libera in val Ridanna, a 3.400 metri sopra il livello del mare, non si sono registrate gelate, nemmeno nelle ore notturne. Questo evento, mai verificatosi negli ultimi 25 anni, si inserisce in un contesto di temperature anomale che affliggono numerosi ghiacciai in tutto l’arco alpino.

Temperature record nei ghiacciai dell’arco alpino

Effetto dell’estate calda e secca

Nel seno della crisi climatica, i ghiacciai sono stati vittime di un’estate caratterizzata da condizioni termiche estreme. Agosto è stato un mese critico, con un caldo africano che ha colpito duramente le Alpi. Il meteorologo Dieter Peterlin ha sottolineato come, nonostante un inverno nevoso e una primavera fresca, le aspettative per una ripresa si sono infrante di fronte a un’estate infuocata. Non sono solamente l’Alto Adige e la Cima Libera a soffrire: i ghiacciai della Marmolada, del Monte Bianco e del Monte Rosa hanno alzato bandiere rosse.

Il ghiacciaio della Marmolada è un case study emblematico, dove le temperature non sono scese sotto zero per oltre 50 giorni consecutivi. Questo clima estremo prelude a un ulteriore deterioramento della sua salute e della stabilità dei ghiacci alpini. L’ultimo rilevamento di temperature negative risale al 5 luglio, quando si è registrato un tempio di -0,9 gradi a Punta Penia.

Evidenze di fusione e perdita di massa

Il Monte Rosa, un altro simbolo dell’imponenza della natura, affronta una perdita di ghiaccio senza precedenti. Il ghiacciaio Flua, un tempo esteso per 80 ettari, è ora ridotto a una serie di rocce polverose e pochi accumuli di neve mista a detriti. Anche altri ghiacciai come quelli delle Piode e Sesia-Vigne hanno mostrato un arretramento significativo, retrocedendo di oltre 600 metri dai primi anni ’80. Questa tendenza, purtroppo, è destinata a ripetersi: si prevede che entro il 2050 i ghiacciai alpini al di sotto dei 3.500 metri subiranno un destino analogo.

Precipitazioni e fusione al ghiacciaio dei Forni

Un’estate inarrestabile

Il ghiacciaio dei Forni, considerato il secondo più grande d’Italia, dopo la metà di luglio ha subito una notevole perdita di spessore, addirittura di casi quasi due metri nelle zone frontali. Anche qui, il principale colpevole è rappresentato dall’innalzamento delle temperature, che hanno impedito un crollo termico anche durante le ore notturne. La fusione è impressionante, con un tasso che oscilla tra 4 e 8 centimetri al giorno a 2.600 metri.

Impatto sul territorio e sull’ecosistema

La situazione è drammatica anche sul Monte Bianco, dove si sono registrate per la prima volta 33 ore consecutive sopra lo zero a un’altitudine di 4.750 metri. Questi dati testimoniano una crisi aperta per i ghiacciai, che in questo mese di agosto ha visto crescere la consapevolezza collettiva sulla perdita della neve invernale.

A metà agosto si celebra la cosiddetta Giornata della perdita del ghiacciaio, un evento che segna il passaggio critico da un periodo di accumulo di neve a uno di scioglimento. In Alto Adige, a partire da questa data, i ghiacciai potrebbero perdere fino a 5 centimetri di ghiaccio al giorno. Questo scenario non è destinato a migliorare, e le previsioni indicano che le temperature continueranno a salire nei decenni a venire.

La situazione attuale dei ghiacciai alpini è emblematica dell’allerta climatica globale e della pressione insostenibile a cui questi ecosistemi sono sottoposti. Il futuro dei ghiacciai, apparentemente, si presenta sempre più incerto, mentre gli esperti mettono in guardia sulle drammatiche conseguenze di questo fenomeno.

Luisa Pizzardi

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