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Il mistero dei messaggi dalla detenzione: la storia di Michelle Causo e il giovane accusato

Il triste caso di Michelle Causo, la ragazza romana trovata morta in un carrello della spesa a Primavalle, continua a sollevare domande e preoccupazioni. Il coinvolgimento del giovane accusato dell’omicidio, attualmente detenuto a Treviso, riaccende il dibattito su sicurezza e gestione delle comunicazioni all’interno delle istituzioni penali. Dal lato umano di questa storia ci sono due padri: Gianluca Causo, profondamente addolorato per la perdita della figlia, e Girolamo Monaco, direttore dell’Istituto Penale per Minori di Treviso, che cerca di garantire un ambiente adeguato per i giovani detenuti.

La tragedia di una famiglia

Il dolore di Gianluca Causo

Gianluca Causo vive una situazione angosciante. A oltre un anno dall’omicidio della figlia Michelle, il suo dolore è ben visibile. La ragazza è stata uccisa due giorni dopo il suo diciassettesimo compleanno e il padre, che ha raccontato di ricevere messaggi provocatori da profili social falsi con indirizzo IP che corrisponde a Treviso, afferma che il giovane accusato dell’omicidio stia “giocando” con la sua sofferenza. Causo sostiene che ci siano evidenti comunicazioni illegali dal carcere, un’accusa che mette in discussione l’efficacia dei controlli all’interno dell’istituto penale.

Il padre di Michelle ha chiesto spiegazioni precise al Ministro della Giustizia Carlo Nordio, mettendo in discussione il sistema di vigilanza e controllo che, secondo lui, consente queste violazioni. Nonostante il suo dolore, Causo si è mostrato determinato a trovare la verità e desideroso di risposte riguardo le presunte connessioni a internet e il comportamento del giovane detenuto.

Affrontare un gigante

Il dolore di Gianluca Causo è aggravato dalla sensazione di impotenza di fronte a un sistema penale che sembra ignorare i suoi appelli. L’assenza di una risposta adeguata rispetto alle sue preoccupazioni lo costringe a lottare non solo per la giustizia per sua figlia, ma anche per la dignità di una famiglia che ha subìto una perdita devastante. I messaggi ricevuti non fanno altro che alimentare il suo desiderio di verità e giustizia, rendendo difficile per lui affrontare la sua quotidianità.

La risposta dell’istituzione

Il punto di vista del direttore dell’IPM di Treviso

Girolamo Monaco, attuale direttore dell’Istituto Penale per Minori di Treviso, ha risposto ai rilievi di censure sui presunti accessi a internet da parte dei detenuti. Monaco ha negato con fermezza che il giovane detenuto avesse accesso non autorizzato alla rete durante le ore di lezione, sottolineando che tutte le attività svolte all’interno sono monitorate e che ogni accesso a strumenti multimediali è strettamente controllato.

Nel suo intervento, ha chiarito che la Bottega Grafica, menzionata come corso di grafica pubblicitaria, prevede un accesso limitato a risorse on-line, autorizzato unicamente per scopi didattici. Ha invitato a mantenere il focus sulle difficoltà reali in cui gli istituti penali versano, come sovraffollamento e mancanza di risorse adeguate.

I problemi della detenzione minorile

Monaco ha affrontato anche tematiche delicate, come il sovraffollamento che affligge il suo istituto, attualmente con venti detenuti, quando la capienza corretta dovrebbe essere di dodici. Ha sottolineato che, sebbene questa situazione possa sembrare problematica, ogni sforzo viene fatto per garantire un ambiente di apprendimento per i giovani che vivono lì. Ha constatato che esistono problematiche di salute, come la scabbia, che rendono le condizioni di detenzione ancora più complicate e necessitano di intervento immediato.

La delicatezza della situazione

Monaco ha dimostrato sensibilità verso la situazione di Gianluca Causo, riconoscendo il grande dolore e la solitudine di un padre che ha perso tutto. Ha affermato che il sistema penale non deve solo garantire la giustizia per le vittime, ma deve anche prendersi cura dei diritti dei detenuti, creando progetti di riabilitazione e lavori che possano fornire una preparazione per il futuro. La questione che si pone, quindi, non è solo la ricerca di giustizia, ma anche la comprensione di un sistema che cerca di rieducare, sebbene con tutte le difficoltà e sfide del caso.

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Il dramma di Michelle Causo continua a far discutere, evidenziando le complessità e le contraddizioni di un sistema penale che deve fronteggiare sia il dolore delle vittime che le esigenze di recupero dei giovani trasgressori. Accanto ai familiari delle vittime, ci sono storie di giovani che, pur essendo coinvolti in reati di grave entità, devono affrontare il proprio percorso di rieducazione in contesti difficili e privi delle necessarie risorse.

Luisa Pizzardi

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