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Le rivelazioni di Elisabetta Belloni sul caso Giulio Regeni: mancanza di collaborazione egiziana

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La vicenda di Giulio Regeni, il ricercatore italiano scomparso in Egitto nel 2016, continua a destare interrogativi irrisolti. Recentemente, Elisabetta Belloni, attuale direttrice del DIS e già segretario generale della Farnesina, ha chiarito in tribunale la posizione delle autorità egiziane, segnalando una profonda mancanza di cooperazione nella ricerca della verità riguardo alla morte del giovane.

Il contesto della scomparsa di Giulio Regeni

Giulio Regeni, un dottorando dell’Università di Cambridge, scomparve al Cairo il 25 gennaio 2016. La sua scomparsa avvenne in un periodo di tensione sociale in Egitto, coincidente con le celebrazioni del quinto anniversario della rivoluzione del 2011. Dopo giorni di ricerche, il suo corpo fu trovato il 3 febbraio lungo una strada che porta al Cairo, mostrando segni di torture e maltrattamenti. La sua morte attirò immediatamente l’attenzione internazionale e suscitò un’ondata di indignazione in Italia, portando a richieste di giustizia e chiarezza.

Il caso è diventato emblematico per le difficoltà di indagine nei confronti di autorità straniere, in questo caso egiziane. Nonostante le dichiarazioni di intenti delle autorità italiane, è emerso nel tempo un clima di scarsa collaborazione. Le istituzioni italiane hanno manifestato il loro sospetto riguardo l’eventuale coinvolgimento degli apparati di sicurezza egiziani ma, nel contesto delle relazioni internazionali, ottenere risposte chiare si è dimostrato difficile.

La testimonianza di Elisabetta Belloni e le mancanze delle autorità

La direttrice del DIS, Elisabetta Belloni, ha testimoniato in tribunale evidenziando la mancanza di riscontri da parte delle autorità egiziane e la fragilità nella cooperazione internazionale. Durante la sua audizione, la Belloni ha espresso il rammarico per l’assenza di aperture da parte di Il Cairo, indicando come la collaborazione fosse stata assente sin dall’inizio dell’inchiesta. Queste affermazioni pongono una luce sull’inefficienza delle comunicazioni tra diversi paesi, specialmente quando la questione coinvolge crimini gravi con implicazioni diplomatiche.

Belloni ha anche richiamato l’attenzione sugli sforzi fatti dall’ambasciatore italiano, che aveva sollecitato interventi da parte di autorità straniere — come il viceministro inglese e il rettore di Cambridge — per avere maggiore chiarezza sulla situazione. Tuttavia, ha sottolineato che le risposte ricevute erano insoddisfacenti e spesso evasive, facendo crescere il senso di impunità che circonda il caso.

Le reazioni politiche e l’impatto pubblico

Il caso di Giulio Regeni ha scosso profondamente l’opinione pubblica italiana e ha sollevato interrogativi sull’efficacia delle politiche estere italiane nei confronti di regimi accusati di violazioni dei diritti umani. La mancanza di risposte chiare ha generato una pressione costante sulle istituzioni italiane per garantire giustizia. Non solo la famiglia di Regeni ha richiesto chiarezza, ma anche vari gruppi di attivisti hanno alzato la voce, chiedendo un’assunzione di responsabilità da parte del governo egiziano.

Le autorità hanno dunque dovuto fronteggiare sia la pressione pubblica sia le complessità diplomatiche, trovandosi spesso in una posizione delicata. Come si evolveranno le indagini e quali saranno le implicazioni internazionali quanto alla collaborazione tra Italia e Egitto, rimangono domande aperte a cui dati recenti potrebbero dare risposte nei prossimi mesi. Quello che è certo è che la lotta per la verità non accenna a fermarsi e continuerà a mettere alla prova le relazioni tra i due paesi.

Giordana Bellante

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