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Scrittori emergenti: un mestiere ‘senza regole’

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“Chiariamo subito un punto, d’accordo? Non esistono un Magazzino delle Idee, un Supermercato delle Storie o un’Isola dei Bestseller Sepolti. Le buone trovate nascono quasi letteralmente dal nulla, piovendovi in testa da un cielo all’apparenza limpido: due pensieri in precedenza disgiunti si uniscono creando qualcosa di nuovo sotto il sole. Il vostro compito non è mettervi a caccia di certe illuminazioni, ma saperle riconoscere quando si presentano”.

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Se lo scrive Stephen King nel suo “On writing. Autobiografia di un mestiere”, Frassinelli Editore, qualcosa di vero deve pur esserci. Sarà questo il motivo per cui, mentre i più sono alla ricerca della famigerata idea originale, qualcun altro sbaraglia la concorrenza con la semplicità.

Ma cosa differenzia, allora, un buon dilettante da un vero professionista della tastiera? Si può ancora vivere di scrittura, al giorno d’oggi? E come fare per emergere?

Sono questi alcuni tra i mille interrogativi che si pongono decine di aspiranti autori con un libro nel cassetto, speranzosi che, prima o poi, qualcuno, riveli loro la formula magica per diventare scrittori di professione e avere successo.

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Sembrerà assurdo dire che un mestiere per cui occorre conoscere una lunga serie di tecniche ed espedienti narrativi, oltre a una buona dose di grammatica e sintassi, sia in realtà una vera e propria professione senza regole. Possiamo frequentare corsi e scuole, leggere e informarci e scrivere con regolarità e metodo, mettendo a frutto il nostro talento, ma il vero interruttore verso una vita da scrittore risiede solo in un imponderabile e imprevedibile colpo di fortuna. La vecchia storia di trovarsi al posto giusto nel momento giusto, per intenderci. Non che l’impegno, lo studio e il sacrificio non siano ugualmente fondamentali per farsi notare, ma sta di fatto che potrebbero non bastare per fare di una passione un mestiere vero e proprio.   

Se, come abbiamo fatto noi in questa inchiesta sui generis, chiedete a uno scrittore affermato come sia riuscito a fare del suo talento una professione, ogni autore vi racconterà una storia differente con un unico denominatore comune: il desiderio di scrivere qualcosa che si vorrebbe leggere. Uno scrittore che si rispetti è, senza dubbio, un buon lettore. Uno di quelli che leggono tanto e di tutto, con spirito critico e umiltà.

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Di solito la passione per la scrittura, infatti, va di pari passo con quella per la lettura e inizia presto, anche se richiede tempo per essere coltivata a dovere. Rispetto a qualche decennio fa, quando chi voleva scrivere percorreva delle strade quasi obbligate, tra concorsi, agenzie letterarie e proposte agli editori, oggi, con l’avvento di Internet e dei Social Network, del digitale e del blogging, il mondo dell’editoria è molto cambiato. La maggior parte degli autori 2.0 che hanno avuto successo ultimamente, approdando perfino al cinema con le loro storie, nasce dal passaparola sul Web, dalla condivisione sui Gruppi Social o dal self-publishing. Ecco dunque che gli editori diventano, in un certo senso, dei veri e propri talent scout, preoccupandosi di scovare in prima persona autori emergenti che hanno già un certo seguito virtuale e cercano la giusta occasione per essere consacrati di fronte al grande pubblico e diventare dei professionisti. Insomma, sembra quasi un mondo alla rovescia, in cui prima di imparare a nuotare, bisogna già essersi tuffati dal trampolino più alto!

In realtà, soprattutto in Italia, non sono molti gli autori che vivono esclusivamente grazie alla vendita dei loro libri. Per troppi la scrittura resta un passatempo, magari portato avanti con discreto successo, ma pur sempre di pari passo con un vero lavoro, come se scrivere non lo fosse. Di fatto lo scrittore è un artista e, si sa, ieri come oggi, gli artisti non se la passano sempre bene. Almeno finché sono in vita…

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Bene. Delusi, vero? Alzi la mano chi, arrivato a questo punto, ha appena deciso di lasciar perdere. Senza dubbio qualcuno si arrenderà, è nell’ordine delle cose. Così come, su tanti che provano e magari hanno talento, in pochissimi arrivano alla meta. Ma una cosa è certa, vale la pena di tentare, sempre. Bisogna solo essere consapevoli che, come in tante esperienze della vita, si sta giocando una partita senza regole, senza arbitro e senza neppure compagni di squadra. Quello dello scrittore è un mestiere destrutturato, al quale si arriva con la sola arma della cultura e della passione e, se si è fortunati, passerà parecchio prima di iniziare a vedere qualche risultato e, perché no, qualche bell’assegno. Del resto di una sola cosa rimaniamo comunque padroni fino alla fine: di scegliere come impiegare il nostro tempo e quale strada percorrere nel nostro cammino, posto che la strada giusta non esiste.

A proposito di nuove tecnologie, Ernest Hemingway ha molto da insegnarci, come fece con chi gli chiese se lui scriveva a mano o usava la macchina da scrivere.

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“Quando sei uno scrittore esordiente ti becchi tutto il divertimento, mentre il lettore resta a bocca asciutta. Quindi potresti benissimo usare una macchina da scrivere, perché è molto più semplice e divertente. Una volta che hai imparato a scrivere bene, invece, il tuo obiettivo principale è quello di trasmettere ogni cosa al lettore: ogni sensazione, percezione, sentimento, ogni luogo ed emozione. Per fare ciò devi riuscire ad ‘andare oltre’ ciò che hai scritto. Se scrivi a matita, quindi, hai almeno tre diverse opportunità per verificare che il lettore abbia effettivamente ricevuto ciò che hai voluto donargli. Prima quando rileggi, poi quando batti a macchina e puoi fare dei miglioramenti e, infine, quando procedi alla lettura finale. Scrivere a matita ti dà un terzo delle possibilità in più per ottimizzare il tuo lavoro!”

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Quindi, se volete diventare scrittori di professione, non vi resta che iniziare da una matita!

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