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Tragedia a Bergamo: la confessione della sorella dell’assassino di Sharon Verzeni

La notizia dell’omicidio di Sharon Verzeni ha colpito profondamente la comunità di Bergamo, lasciando un’atmosfera di incredulità e dolore. Awa, sorella di Moussa Sangare, l’uomo che ha confessato l’assassinio, condivide i dettagli della drammatica vicenda familiare. Questa intervista svela non solo il profondo lutto per la giovane vittima, ma anche il tragico percorso di vita del reo confesso, evidenziando le conseguenze devastanti della dipendenza da sostanze stupefacenti.

La sofferenza della famiglia: un racconto di fragilità e impotenza

La reazione della sorella

Awa, studentessa di ingegneria gestionale, esprime il suo stato d’animo dopo aver appreso della terribile notizia. “Quando ci hanno detto che era stato lui a uccidere quella povera ragazza, siamo rimaste choccate,” afferma con voce rotta, rivelando la profonda tristezza che attraversa lei e la sua famiglia. Un dolore innegabile, non solo per il gesto di Moussa, ma anche per la vita spezzata di Sharon. “Nessuno avrebbe potuto pensare che potesse arrivare a questo,” continua Awa, sottolineando la vulnerabilità di una situazione già complessa. Il suo pensiero va alla famiglia della giovane vittima, a cui esprime le sue più sentite condoglianze.

La lotta contro la dipendenza

Awa non si limita a descrivere il dolore, ma denuncia anche l’inefficacia del sistema nell’affrontare la dipendenza di suo fratello. “Abbiamo fatto di tutto per liberarlo dalla dipendenza,” racconta, immergendosi in un racconto in cui si intrecciano speranza e disperazione. “Per mio fratello nessuno si è mosso.” Nonostante gli sforzi della famiglia per cercare aiuto, Moussa ha rifiutato ripetutamente gli interventi. Le denunce presentate dalle donne di casa non hanno portato i risultati sperati. “Dopo aver verbalizzato le denunce, ci hanno dato solo volantini dei centri antiviolenza. Per un eventuale ricovero ci hanno risposto che doveva essere lui a presentarsi volontariamente.” È evidente come la mancanza di supporto adeguato possa trasformare una situazione già critica in un dramma.

La metamorfosi di un ragazzo: il prima e il dopo della dipendenza

La vita di Moussa prima della dipendenza

“Inizialmente era un bravo ragazzo,” ricorda Awa, descrivendo un Moussa che, prima dei suoi viaggi all’estero, sembrava avere un futuro promettente. “Poteva sembrare strano, ma era tranquillo.” Tuttavia, la sua vita subisce un cambiamento significativo quando nel 2019 si reca prima negli Stati Uniti e poi a Londra. Al suo ritorno, il quadro è drammaticamente cambiato: “Ha ammesso di aver iniziato a fare uso di droghe sintetiche.” Questa svolta ha segnato l’inizio di un percorso di autodistruzione che non solo ha colpito Moussa, ma ha avuto ripercussioni devastanti su tutta la famiglia.

La paura vissuta in casa

Con l’aggravarsi della situazione, Awa racconta giorni di terrore trascorsi in casa. “Ci sono stati giorni in cui la paura era sempre dentro le mura di casa, non mi lasciava mai.” La coabitazione, che all’inizio poteva sembrare una soluzione, si è trasformata in una prigione: “Stavamo nella stessa casa ma su due piani diversi.” Moussa, sempre più isolato e solitario, smette di interagire e inizia a manifestare comportamenti allarmanti. “Mi chiudevo in casa durante il giorno e usciva solo di notte,” ricorda Awa, evidenziando la progressiva alienazione del fratello.

L’episodio drammatico: l’attacco con il coltello

L’aggressione e il timore della sorella

Il 20 aprile rappresenta una data tragica nella vita di Awa. “Prima di quel giorno, non aveva mai usato un coltello contro di noi,” racconta, descrivendo il momento in cui Moussa l’ha minacciata. “Mi ha raggiunto alle spalle mentre stavo ascoltando musica in sala.” La tensione nella casa aveva raggiunto il limite, e Awa ricorda il terrore che ha provato. “Mia madre, dopo l’ictus, non riesce più a parlare, ma cercava di farmi capire che ero in pericolo.” Nonostante le sue paure, Moussa si ferma e si allontana, ridendo, un gesto che amplifica il caos interiore di Awa e della sua famiglia.

Il dramma di Sharon Verzeni è solo un capitolo di una storia più ampia che coinvolge dipendenze, solitudine e un sistema che fatica a fare fronte a situazioni così complesse. La testimonianza di Awa illumina le difficoltà quotidiane e le tragedie che possono derivare da percorsi di vita non accompagnati da un adeguato supporto. Ancor più inquietante è la consapevolezza che tale sofferenza è il risultato di qualcosa che poteva essere evitato.

Redazione

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