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Uno studio innovativo italiano: La bioluminescenza delle lucciole offre speranza per l’epilessia resistente

Un nuovo e innovativo studio scientifico ha aperto la strada a un potenziale trattamento per i pazienti affetti da epilessia resistente ai farmaci, una condizione che colpisce circa un terzo degli individui con questa malattia neurologica. La ricerca, condotta da un team dell’Istituto Italiano di Tecnologia e pubblicata su ‘Nature Communications‘, rappresenta un passo significativo nella lotta contro l’epilessia, che affligge oltre 50 milioni di persone in tutto il mondo.

L’epilessia: una malattia sociale in crescita

La diffusione dell’epilessia in numeri

Con circa 550.000 casi diagnosticati in Italia e oltre 50 milioni a livello globale, l’epilessia è riconosciuta come una delle malattie neurologiche più diffuse. Dal 2020, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato l’epilessia come una malattia sociale, supportando l’importanza di interventi e risorse dedicate. Questo disturbo è caratterizzato da una eccessiva attivazione neuronale che compromette la funzionalità cerebrale, causando crisi epilettiche, che possono variare notevolmente in intensità e frequenza.

La sfida della refrattarietà ai farmaci

Nonostante le terapie disponibili, circa un terzo dei pazienti affetti da epilessia non risponde ai trattamenti standard. Questo scenario spinge alla ricerca di nuove soluzioni terapeutiche che possano affrontare specificamente i casi refrattari, alimentando la necessità di nuovi approcci terapeutici per migliorare la qualità della vita di queste persone.

Optogenetica: rivoluzione nel trattamento delle crisi epilettiche

Cos’è l’optogenetica?

Una delle tecniche emergenti nella ricerca neuroscientifica è l’optogenetica, che consente ai ricercatori di modificare geneticamente i neuroni affinché esprimano proteine note come opsine. Queste proteine possono influenzare l’attività delle cellule nervose quando vengono illuminate. Utilizzando questa procedura, i medici possono bloccare l’iperattivazione dei neuroni, ripristinando l’attività elettrica cerebrale a livelli normali, prevenendo così le crisi epilettiche.

I limiti della tecnologia corrente

L’attuale metodo di implementazione dell’optogenetica richiede l’inserimento di fibre ottiche nel cervello per fornire la luce necessaria al funzionamento delle opsine. Sebbene efficace, questa strategia invasiva presenta rischi significativi e può limitare l’applicabilità clinica della tecnica.

Un nuovo approccio e la speranza della luciferasi

Sviluppo della bioluminescenza nel trattamento dell’epilessia

Il team dell’IIT ha proposto un approccio innovativo che sfrutta il meccanismo di bioluminescenza delle lucciole. Utilizzando un sistema costituito da opsine, un sensore e una molecola bioluminescente chiamata luciferasi, gli scienziati hanno creato una metodologia che evita le complicazioni legate all’uso delle fibre ottiche. La luciferasi, principale responsabile dell’emissione di luce nelle lucciole, viene programmata per attivarsi in risposta all’iperattivazione neuronale.

Meccanismo d’azione del sistema innovativo

Caterina Michetti, prima autrice dello studio, spiega il funzionamento del sistema: “L’opsina è attivata dal segnale luminoso prodotto dalla luciferasi, a sua volta stimolata dal substrato somministrato. Questo processo consente l’attivazione senza l’inserimento delle fibre ottiche.” Inoltre, il sensore integrato permette di monitorare quando e in quale neurone attivare il circuito, migliora fortemente l’efficacia terapeutica e minimizza il rischio di attivare neuroni sani.

Risultati promettenti e prospettive future

Efficacia della nuova terapia preclinica

I risultati preclinici di questa nuova metodologia sono incoraggianti, mostrando una riduzione superiore a tre volte del numero di crisi epilettiche e una diminuzione del 32% nella durata degli attacchi rispetto ai gangli non trattati. Questi dati indicano un potenziale significativo nella possibilità di migliorare la vita dei pazienti affetti, in particolare per coloro che non possono sottoporsi a interventi chirurgici.

Prossimi passi nella ricerca

Fabio Benfenati, direttore del Center for Synaptic Neuroscience and Technology dell’IIT, sottolinea l’importanza di ulteriori ottimizzazioni nella somministrazione del farmaco utilizzato per mantenere il sistema attivo nel cervello. Questo è essenziale per garantire un intervento efficace e tempestivo quando le crisi si manifestano. La ricerca continua a rappresentare un faro di speranza per i pazienti e le loro famiglie, con potenziali sviluppi terapeutici in arrivo.

Luisa Pizzardi

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