Ultimo aggiornamento il 7 Settembre 2024 by Giordana Bellante
Il libro “Fuorimoda!” di Matteo Ward è un’opera che affronta in maniera incisiva e dettagliata le problematiche della moda contemporanea, portando alla luce l’inquinamento e lo sfruttamento derivanti da un sistema fallimentare. Con l’appuntamento di sabato 7 al Festivaletteratura di Mantova, l’autore propone una riflessione profonda sull’insostenibilità del settore, offrendo spunti e casi concreti che devono farci riflettere sulle nostre scelte quotidiane.
L’impatto ambientale della fast fashion
Un deserto di vestiti
Il Cile, con il suo deserto di Atacama, funge da triste palcoscenico per la crisi della moda “usa e getta”. Montagne di abbigliamento abbandonato si accumulano in questo paesaggio arido, simbolo di un consumo irrazionale e dell’inefficienza di un sistema che premia l’acquisto incessante a discapito della salute del nostro pianeta. Gli effetti della fast fashion, l’industria che produce moda con un ritmo frenetico, non si limitano a questo scenario, ma si estendono in tutto il mondo.
Rifiuti e sfruttamento
In Ghana, i rifiuti tessili provenienti dalla moda economica soffocano il Paese, creando una crisi ambientale senza precedenti. Nel contempo, il dramma dello sfruttamento della manodopera in paesi come il Bangladesh evidenzia le condizioni di lavoro disumane. La moda, quindi, non è solo un fenomeno superficiale; essa estrae valore da natura e società, mentre raramente riesce a restituire qualcosa in cambio, evidenziando una disparità sempre più crescente.
Ward illustra come i lavoratori siano retribuiti in maniera sproporzionata rispetto ai profitti generati dalle aziende. Mentre gli alti dirigenti nei paesi del Nord godono di ricchezze, chi produce nei paesi del Sud vive nella precarietà. Le conseguenze per la salute delle persone che lavorano in tali condizioni, unite agli effetti dei materiali sulla pelle, dipingono un quadro inquietante.
La proposta di Matteo Ward
Una riflessione critica
Matteo Ward organizza il suo saggio in due sezioni distinte: una “pars destruens”, che analizza le problematiche del sistema moda, e una “pars costruens”, dedicata alle soluzioni. Nella prima parte, raccoglie momenti significativi che hanno portato alla consapevolezza collettiva riguardo all’insostenibilità della moda, mentre nella seconda elenca delle possibili azioni da intraprendere.
L’approccio di Ward è strutturato e con una base solida, arricchito da una prefazione di Sara Sozzani Maino e da una conversazione con Michelangelo Pistoletto, il quale nel 1967 già parlava di problemi legati al mondo della moda attraverso la sua opera “Venere degli stracci”. Questi elementi storici e culturali introducono il lettore nella complessità del tema, rendendo il libro un ponte tra passato, presente e futuro.
Un manifesto per il cambiamento
Il libro di Ward non si limita a denunciare una situazione critica, ma si configura come un vero e proprio manifesto che evidenzia “Cosa dovremmo chiedere ai brand” e “Cosa dovremmo chiedere alla politica”. Con un approccio pratico e numerato, l’autore propone richieste chiare, non solo per i produttori, ma anche per i consumatori, affinché tutti siano parte di un cambiamento reale e necessario.
La moda sostenibile è possibile?
Una questione di scelte
L’emergere di t-shirt e prodotti etichettati come “sostenibili” spesso cela problematiche non risolte. Ward invita i lettori a interrogarsi sulla qualità e sull’effettivo impatto delle loro scelte. La moda deve evolversi, non solo attraverso miglioramenti delle pratiche produttive, ma anche attraverso una maggiore coscienza da parte dei consumatori. Ogni acquisto deve rappresentare una scelta consapevole con ripercussioni dirette nel mondo.
La necessità di una rivoluzione
Per Matteo Ward, la vera rivoluzione nella moda è possibile solo attraverso un impegno collettivo e un’attività sinergica tra industria, consumatori e politiche pubbliche. Solo così sarà possibile giungere a un sistema che non solo tiene conto del profitto, ma che rispetta anche l’ambiente e la dignità delle persone coinvolte nella catena produttiva.
Citando Ward, “gli ingredienti di una maglietta non sono poi tanto diversi da quelli del pane”, enfatizzando la necessità di riconoscere il valore intrinseco dei materiali e delle persone coinvolte nella produzione. Con “Fuorimoda!”, viene tracciata una via chiara e urgente verso una pratica della moda che non solo non sfrutta, ma che rispettosamente restituisce ciò che prende.