Ultimo aggiornamento il 14 Settembre 2024 by Redazione
Le ultime analisi tossicologiche hanno rivelato la presenza di ayahuasca nel corpo di Alex Marangon, un giovane barman di 25 anni originario di Marcon, in provincia di Venezia. Questa scoperta è emersa grazie al lavoro della professoressa Donata Favretto, esperta dell’Università di Trieste, che ha condotto gli esami sul cadavere dell’uomo ritrovato nei pressi del fiume Piave. La vicenda, che ha scosso la comunità locale e attirato l’attenzione dei media, si è sviluppata intorno a un rito sciamanico tenutosi nell’abbazia di Vidor, nel trevigiano, dove Marangon ha partecipato a una cerimonia che ha poi preso una piega tragica.
Il controverso rito sciamanico
Dettagli dell’evento tragicomico
Nella notte tra il 29 e il 30 giugno, Alex Marangon ha preso parte a un rito sciamanico che prevedeva l’uso dell’ayahuasca, una bevanda tradizionale utilizzata da secoli nelle pratiche spirituali in Sud America. Questo rituale si svolgeva in un contesto apparentemente sicuro, all’interno dell’abbazia di Vidor, un luogo noto per le sue attività culturali e spirituali. Tuttavia, il ritiro ha assunto toni drammatici quando Marangon si è allontanato dal gruppo e della sua sorte si sono perse le tracce.
Il contesto della cerimonia, con la sua dimensione esoterica e le potenziali implicazioni sulla salute mentale e fisica dei partecipanti, ha sollevato interrogativi su quali fossero realmente i rischi associati all’uso di ayahuasca. Questa sostanza è nota per i suoi effetti allucinogeni e per le reazioni fisiche e psicologiche che può indurre, a volte imprevedibili e potenzialmente pericolose.
La tragica scoperta
Due giorni dopo la scomparsa, il corpo di Alex Marangon è stato rinvenuto sul greto del fiume Piave, distante circa quattro chilometri dal luogo del rito. Le autorità, dopo aver effettuato un’indagine preliminare, hanno riscontrato sul cadavere ferite ed ecchimosi che hanno subito destato preoccupazione. Da quel momento, la Procura di Treviso ha avviato un’inchiesta per omicidio, cercando di chiarire le circostanze che hanno portato alla morte del giovane.
Gli esami tossicologici e l’analisi delle sostanze
Evidenze dell’uso di ayahuasca
Gli esami tossicologici condotti dalla professoressa Donata Favretto hanno confermato la presenza di tracce di ayahuasca nel corpo di Alex, portando alla luce la complessità della situazione e la necessità di approfondire ulteriormente le dinamiche legate all’uso di questa sostanza. Il suo impiego nel rito sciamanico, legato a esperienze di trascendenza, si è rivelato fatale e ha aperto un dibattito su sicurezza e regolamentazione delle pratiche sciamaniche in contesti non tradizionali.
La presenza dell’ayahuasca è particolarmente significativa, poiché questa sostanza, che contiene elementi psicotici, è vietata non solo nell’ordinamento italiano ma in gran parte del mondo. La questione pone anche interrogativi legali e morali per i partecipanti e per gli organizzatori di eventi di questo tipo, che, nonostante il fascino esercitato da esperienze estatiche, potrebbero non garantire la sicurezza necessaria.
Inchiesta in corso
Malgrado l’apertura di un fascicolo per omicidio, fino ad ora non sono stati iscritti indagati. Gli inquirenti stanno cercando di ricostruire il cerchio delle responsabilità, esaminando i circa venti partecipanti al rito e i due curanderos colombiani presenti. Ogni testimonianza viene scrutata al fine di comprendere se le dinamiche del rito abbiano potuto contribuire a una situazione che è sfociata in tragedia.
Questi eventi non solo hanno colpito profondamente la famiglia e gli amici di Alex, ma hanno anche acceso i riflettori su una questione più ampia: quella del rapporto tra sostanze psicotrope, pratiche spirituali e la protezione della salute pubblica. L’attenzione ora è rivolta alle possibili regolamentazioni che potrebbero prevenire simili tragedie in futuro, nel delicato equilibrio tra libertà individuali e sicurezza collettiva.